La generazione indecisa

Chat, sms e social network: le relazioni “leggere” dei giovani ipertecnologici


Un ragazzo mi ha lasciato un messaggio in ufficio, allora io l’ho chiamato a casa, e poi lui mi ha scritto sul Blackberry, e allora io gli ho mandato un sms, e lui mi ha risposto all’email privata. Così, ho completamente perso il filo! Ho nostalgia dei tempi in cui avevamo un numero di telefono e una segreteria telefonica, e quella segreteria aveva una cassetta, e quella cassetta o conteneva un messaggio del tizio che ti piaceva o non lo conteneva, mentre adesso devi passare il tempo a correre da un portale Internet all’altro solo per potere essere rifiutata da un potenziale partner attraverso sette diverse tecnologie. È sfibrante!». È il copione del personaggio di Drew Barrymore nel film «La verità è che non gli piaci abbastanza», che esce domani al cinema.

Un cast stellare - Ben Affleck, Jennifer Aniston, Jennifer Connely e Scarlett Johansson - per una commedia che racconta meglio del libro da cui è tratta la generazione degli indecisi. Se Greg Behrendt e Liz Tuccillo, già autori di «Sex & the city», avevano infatti racchiuso nel loro manuale per ragazzine, bestseller nel 2004, la banalità che «se lui non ti chiama, se lui non ti sposa, se lui non dice mai ti amo, non farti illusioni, perché la verità è che non gli piaci abbastanza», il film si aggiorna ora per il grande pubblico. Oltre a ricordare la caratteristica nostalgica di una generazione definita spesso postromantica, introduce per la prima volta nel sistema mediatico una novità pari a quella che nel 1998 portò «C’è post@ per te» con Tom Hanks e Meg Ryan. Se allora, nell’Upper West Side di Manhattan, si realizzava la nuova possibilità che due persone si conoscessero su Internet, dieci anni dopo la città universitaria di Baltimora racconta l’indecisione giovanile che il moltiplicarsi di simili occasioni ha contribuito a stimolare. Dunque, «se non gli piaci abbastanza» è anche un po’ colpa dell’uso forsennato di cellulari e pc collegati a Facebook, Asmallworld, Twitter, Msn e dei mille contatti che, attraverso questi mezzi, confondono le idee di parecchi giovani. Perché è vero che il web favorisce ormai un matrimonio su cinque, ma social network e messenger istantanei rischiano di rimanere l’unico sfogo per i desideri, sentimentali come politici, delle nuove generazioni.

«L’aver perso peso nella società ha reso i giovani sempre più attratti da Internet», spiega Davide Bennato, docente a La Sapienza di Roma. La conseguenza è che «i ragazzi - come ha scritto Enrico Marchetto, docente allo Iulm di Milano - non conoscono le pause (se non hanno qualcosa da fare se lo trovano); non sanno cosa significhi stare in coda (abituati all’acquisto veloce su Internet); non stanno mai soli (spegnere pc e telefonino è un’opzione ormai inconcepibile)». Avrebbe insomma ragione John Naish, che nel suo libro «Basta!», riferendosi alla crisi economica ma anche sociale sintetizza: «L’eccesso è la causa di ogni male, perché pur avendo tutto continuiamo a volere di più». E pure uno dei blogger italiani più famosi, Massimo Mantellini, ha dichiarato che «passare di continuo da uno stimolo all’altro innesca una sorta di schizofrenia: dopo pochi minuti di concentrazione su una cosa, si avverte il bisogno di fare altro. Occorre trovare un equilibrio, e vale anche per me: ero un appassionato di saggi, oggi fatico a leggere testi lunghi e impegnativi».

E se questa tendenza al disimpegno valesse anche per i rapporti sentimentali? Secondo Mirta Martinato, che studia cinese vicino a Shanghai e grazie a Skype parla a costo zero con mamma e tramite Facebook si aggiorna sulle vicissitudini di centinaia di amici lasciati a Milano, «i mezzi tecnologici, anche se superficialmente, rispondono alla voglia di conoscere tutti e in fretta, però generalmente posticipano gli incontri reali, perché travolti dai grandi numeri si rimanda sempre». Del resto anche il sociologo Zygmunt Bauman sostiene che «il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio».

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